Il 1° Agosto in Svizzera si commemora la nascita della Confederazione. E’ festa nazionale. Si ritiene infatti che la Confederazione sia stata costituita proprio come oggi nel 1291.Oggi il paese e’ una federazione di Cantoni indipendenti (ognuno ha la sua Costituzione), ma ovunque c’è un « Tasso di democrazia » molto elevato :
– il sistema federale è bicamerale.
– I Governi sono organi collegiali, tutti i maggiori partiti ne fanno parte e sono estremamente stabili,eppure :
– I parlamentari sono votati in modo proporzionale, e si possono dare voti di preferenza a candidati di partiti divesi. e si possono anche dare voti di s-preferenza a candidati del proprio partito.Ma non solo :
– esistono diversi stumenti di democrazia diretta, che affiancano e non sostituiscono la democrazia rappresentantiva e che comunque escludono l’esistenza di un ente che detenga il « Monopolio del potere legislativo »,Tanto è vero che :
– La « Governabilità » non esiste e nessuno ne capisce nemmeno il vocabolo.

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IL CAPPELLO SUL BASTONE
Tutto ebbe inizio da un cappello su un bastone.“La Svizzera è un paese intelligente, nato forse come reazione alla stupidità del resto dell’Europa. La sua data di nascita è il 1° Agosto 1291, festa nazionale. Ma qualcosa di fondamentale era accaduto alcuni decenni prima. Nel 1231 gli abitanti di quello che oggi è il cantone di Uri avevano finito di scavare, in gran parte nella viva roccia, la strada del Gottardo. L’Imperatore del Sacro Romano Impero, in segno di riconoscenza per il lavoro fatto, aveva attribuito a quella comunità di montanari il “diritto di accesso diretto all’Imperatore”. Un privilegio non solo raro in generale, ma del tutto eccezionale nel caso di una sperduta comunità montana. Quell’Imperatore sapeva di certo valutare l’importanza dell’impresa dei montanari di Uri dato che, solo pochi decenni prima quando ancora era poco più che un ragazzo, lui le Alpi le aveva attraversate durante un viaggio rocambolesco iniziato come una fuga e terminato con la sua incoronazione a Imperatore nel duomo di Aquisgrana. Eccezionale il viaggio dell’adolescente ancora non Imperatore, eccezionale l’impresa di ingegneria civile dei montanari di Uri, eccezionale la decisione dell’Imperatore ed eccezionale l’Imperatore stesso: Federico II di Svevia. L’editto sulla “immediatezza imperiale” venne firmato dal figlio di Federico, Enrico VII, il 26 maggio 1231 e liberava i montanari dalla sudditanza al loro feudatario, il duca Rodolfo di Asburgo. Insomma, li rende in un certo modo indipendenti: non più sottoposti alla gerarchia feudale. Dopo gli anni del buon governo di Federico II il “Potere Centrale” degli Asburgo, dall’Austria, mandò dei personaggi detti “balivi” a fare i governatori. Vale a dire a governare chi già si governava da sé. Si trattava di gente tipica di un “Potere Centrale”, per di più feudale. Pare che uno di questi esigesse di essere salutato e riverito anche quando non era presente. Per verificarlo aveva piantato un bastone nella piazza del paese e ci aveva messo sopra il suo cappello. Chi passava doveva prostrarsi in salamelecchi davanti al bastone col cappello. Qualcuno controllava. La leggenda dice che un tizio, di nome Guglielmo, si rifiutò di fare il buffone davanti al bastone. Il balivo, inferocito, lo fece arrestare e siccome Guglielmo aveva fama di essere abilissimo con la balestra (come anche in altre cose, come dirò in seguito) montò apposta per lui quella specie di teatrino della mela sulla testa del figlio. Se con la freccia non avesse beccato la mela Guglielmo sarebbe stato spacciato, evidentemente correva però anche il rischio di ammazzare il proprio amato figliolo. Guglielmo era veramente bravo e centrò la mela. Ma il balivo era veramente carogna e non stette al patto che era quello di liberare padre e figlio, se la freccia avesse beccato la mela. Invece di stare al patto, dopo essersi mangiato la mela, il balivo fece arrestare Guglielmo e lo fece caricare incatenato su una barca, per portarlo in un carcere di là dal lago, probabilmente per strangolarlo o torturarlo. Non si sa. Durante la navigazione però si scatenò un terribile temporale e la barca pareva sul punto di affondare. Ora si dà il caso che questo Guglielmo avesse anche fama di essere un portento con le barche, soprattutto sui laghi ed in caso di temporale. Gli sbirri del balivo, preoccupati, lo slegarono per farsi aiutare ed infatti grazie a lui la barca arrivò a riva. Ma, arrivati lì, Guglielmo con un salto (era fenomenale anche in quello) si dileguò nella foresta.Si dice che questa sia leggenda. Ma è una leggenda così bella e così coerente con il resto della storia che adesso racconterò, che pare impossibile che non sia vera. Io ci credo fermamente e sono certo che tutti quelli che sono poco propensi a fare i buffoni davanti ai cappelli dei balivi ci hanno creduto, ci credono e ci crederanno sempre anche loro. La storia, e non più la leggenda, dice che i balivi vennero cacciati a furor di popolo. I montanari dei tre primi Cantoni confederatisi (detti ancora oggi “Cantoni primitivi”), aspettandosi il probabile ritorno del “Potere Centrale” col codazzo di balivi agguerriti, cattivi e vendicativi, si riunirono in un prato e giurarono aiuto reciproco in caso di attacco. Così è nata la Svizzera. Il prato è quello del Rütli. Quello è il loro “Campidoglio”, il loro “Arco di trionfo”, il loro “Cremlino”: un prato in riva al lago.Di spedizioni cattive e vendicative, del “Potere Centrale” (ed anzi di diversi “Poteri”, tutti sempre “Centrali”) ce ne furono parecchie e continuarono durante diverse centinaia di anni. Ognuno, dall’Est e poi anche dall’Ovest, riteneva semplice e quindi fruttuoso mettere le mani su quei montanari che si erano messi a fare una Repubblica nel centro dell’Europa. Quando? Nel 1291! Figurati … . Ma i montanari erano tosti, in quanto motivati, e respinsero tutte le spedizioni cattive e poi anche quelle successive, vendicative. La prima legnata di una lunga serie se la beccarono gli sgherri di Leopoldo I di Asburgo. Il 15 novembre del 1315 sulle rive di un laghetto, attorno al quale sono andato appositamente a fare una pedalata in bicicletta l’estate di alcuni anni fa, mille e cinquecento montanari saltarono fuori all’improvviso da una modesta montagnola che li aveva tenuti nascosti fino all’ultimo momento e castigarono pesantemente i novemila sgherri austriaci. Risultato sorprendente. Esito inatteso. Gli sgherri erano abituati a suonargliele ai contadini ed invece vennero suonati, ma quella fu solo la prima volta. Poi furono le volte di Sempach, Näfels, Grandson e Murten. A Sempach i montanari giustiziarono persino il duca d’Austria Leopoldo III bucandogli la pesante armatura senza, per la fretta, potere concedergli il tempo di togliersela e scappare. Per quasi duecento anni i montanari presero a pedate tutti quelli che intendevano rimettere il cappello sul bastone, in piazza. Tanto che per l’Europa attorno a questi montanari cominciò a diffondersi la fama di una sorta di loro invincibilità sul piano militare. Sta di fatto che i montanari si trovarono con un mestiere imprevisto nelle mani: tutti li ingaggiavano per fare i mercenari nelle interminabili guerre europee e presso tutte le corti europee. Pochi sanno che nel 1789 la Bastiglia era presidiata dagli Svizzeri, lo dice anche il testo della canzone La Carmagnole : “Et les Suisses avaient promis qu’ils feraient feu sur nos amis” (e gli Svizzeri avevano promesso che avrebbero fatto fuoco sui nostri amici). Un mestiere inesauribile che infatti dura nel tempo. Uno Stato europeo ancora oggi rinnova quei contratti e ci sono infatti le guardie Svizzere in Vaticano. Ma il bello deve ancora venire.In tutti questi contratti c’era una clausola secondo cui se qualcuno avesse attaccato la Confederazione le guardie svizzere avrebbero avuto, da contratto, la libertà di abbandonare, ipso facto, il servizio. Se qualcuno attacca la Svizzera il Papa ancora oggi si trova senza le guardie sul portone di San Pietro. Questa clausola ha modificato profondamente la Svizzera e l’Europa intera e ha portato in questo paese una fonte di ricchezza aggiuntiva del tutto imprevedibile. Sentite che bello il seguito.Vista la clausola del contratto, per secoli tutte le diplomazie europee si sono sentite in dovere d’impedire ad ogni costo e con ogni mezzo che a qualche testa pazza venisse in mente di attaccare la Svizzera, pena la scomparsa di tutte le guardie da tutti i portoni d’Europa. L’ultimo a provarci fu Carlo il Temerario, duca di Borgogna, e come tutti i suoi predecessori fece una pessima fine. Prima organizzò la missione “cattiva” che si concluse alle porte di una cittadina, Grandson, qui sotto all’altopiano del Giura. In un primo momento ebbe la meglio contro la piccola guarnigione della cittadina che si arrese, dato che lui aveva promesso salva la vita ai difensori. Carlo ebbe appena il tempo di farli impiccare tutti agli alberi attorno alla città, dimenticando la promessa … “noblesse oblige”. Due giorni dopo arrivarono i confederati. Fu per lui un disastro. Pochi mesi dopo organizzò la seconda spedizione “vendicativa”. Quello fu per lui il disastro definitivo, a Murten, di là dal lago, nel 1476. In seguito nessuno si azzardò mai più a fare cose del genere: primo perché il Papa, il Re di Francia, lo Zar … tutti si sarebbero inferociti, e poi perché tanto i montanari comunque ti avrebbero bastonato. Già lo si sapeva.Il bello arriva adesso. Quando si fa la guerra c’è sempre rischio di perderla. Quello che vince si porta via l’argenteria dai cassetti, e poi i lingotti d’oro dalle banche. Va bene perdere la guerra, ma che farai se oltre a quella perderai anche i risparmi? Dove mettere la roba prima di andare in guerra? Un posto sicuro c’è. Ecco l’origine della banche svizzere. Un mestiere in più per quei montanari coraggiosi e fieri di non essersi genuflessi davanti al cappello del balivo.Ai primi Cantoni, “Primitivi”, di decennio in decennio e di secolo in secolo se ne aggiunsero altri. Quello dove vivo io si è aggiunto come Cantone indipendente nel 1848. Stranamente prima faceva parte della Prussia, come principato. A me pare che la storia lo metta piuttosto bene in evidenza: la forza motrice originaria, dai tempi del giuramento del Grütli ad oggi, è quella del consenso e della solidarietà che ne deriva. Tutte cose di cui gli sgherri e gli sbirri dei “Poteri Centrali” non disponevano e non disporranno mai”.In questo piccolo paese, pieno di montagne, l’unica risorsa naturale estraibile dal sottosuolo è l’acqua. Negli indici sulla competitività industriale svetta però al primo posto nel mondo. Ho scoperto che, nei secoli, si è sedimentato qui un ricchissimo “giacimento di democrazia”.
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“Il cappello sul bastone” e’ un capitolo del libro: “La democrazia diretta vista da vicino”, Ed Mimesis di cui sono l’autore. E la postafazione del libro: “La democrazia diretta in Svizzera” Ed. Si, di Thomas Benedikter.