In occasione della giornata conclusiva del “Global Forum on Modern Direct Democracy” tenutasi a Roma il 29 settembre 2018 il Ministro per i Rapporti con il Parlamento e la Democrazia Diretta Riccardo Fraccaro ha pronunciato il seguente discorso.

Buongiorno a tutti.
Innanzitutto, sento la necessità e il piacere di ringraziare chi ha permesso la realizzazione e lo svolgimento di questo Global Forum per la Democrazia Diretta. Credo si possa dire, già da ora, che è stato un grande successo. Ringrazio quindi i co-presidenti, Joe Matthew e Bruno Kaufmann, che ormai da molti anni permettono a questa comunità globale di riunirsi e parlare di temi come la democrazia diretta e la partecipazione civica.

Ringrazio la Sindaca, Virginia Raggi, che quando le ho chiesto, anzi prospettato, di organizzare questo Global Forum non ha esitato un secondo a dire di sì ed ha messo a disposizione lo staff del Comune per la piena riuscita di questo evento, gestito nella maniera ottimale. E, per questo, ringrazio anche tutto il Comune e tutti i suoi dipendenti per lo sforzo. Ringrazio inoltre il mio staff senza il quale non sarebbe stato possibile un esito non scontato di questa manifestazione.

Una manifestazione che ha riunito in questi giorni esperti, politici, attivisti di democrazia diretta provenienti da almeno 30 Paesi del mondo e ciò dimostra che la crisi della democrazia rappresentativa è ormai globale. È un sentimento che accomuna tutti noi: ormai la democrazia deve arrivare ad una svolta, a un upgrade, un miglioramento. Deve fare un passo successivo in avanti. È una sensazione che è ormai diffusa in tutto il mondo e che nasce da una dinamica abbastanza semplice, se vogliamo.

Oggi siamo persone informate, istruite. Nel mondo sono sempre di più i cittadini che hanno accesso costante all’informazione: tutti noi sappiamo quotidianamente cosa succede nelle nostre comunità a livello globale e vediamo che le decisioni, le scelte su come risolvere i problemi di oggi e di domani, vengono prese da altri.

Ecco. Questa consapevolezza e questo senso di non partecipare concretamente al destino delle nostre comunità porta una frustrazione. Il meccanismo è questo: quando i cittadini non si sentono più partecipi e protagonisti del futuro della loro comunità, finiscono per non riconoscersi più in esse e perdono fiducia nella comunità e negli altri suoi membri.

E quando un gruppo di persone, una comunità, non ha fiducia in sé stessa, è destinata alla crisi. Questo succede in qualsiasi ambito, anche in democrazia.

Ed è una crisi diffusa, che ha raggiunto un livello di maturazione importante se è vero che il Global Forum è giunto alla sua settima edizione e che in molte parti del mondo abbiamo assistito alla nascita di movimenti civici che volevano un cambiamento. Penso, ad esempio, a quanto è avvenuto in Spagna dopo il 15 maggio oppure a quello che è successo in Corea del Sud dopo la rivoluzione delle candele.

Anche qui, in Italia, sono nati veri e propri partiti e movimenti politici sulla base di queste premesse. Io faccio parte di uno di questi. Il Movimento 5 Stelle nasce da questa frustrazione. Quando abbiamo iniziato la nostra attività, eravamo cittadini che volevano partecipare alle decisioni che riguardavano la propria comunità e il suo futuro e spesso ci trovavamo la porta chiusa in faccia.

Io ringrazio il Movimento 5 Stelle perché mi ha permesso di vivere il cambiamento non solo da semplice cittadino, ma anche di entrare nelle istituzioni e di cogliere un aspetto fondamentale, di capire cioè le dinamiche delle istituzioni rappresentative da dentro.

Ed è di questo che voglio parlare. Quando sono entrato per la prima volta in Parlamento, nel 2013, ho capito molto chiaramente che, in realtà, con quelle elezioni – con le elezioni che riguardano il sistema tipico di democrazia rappresentativa – i cittadini avevano dato un potere immenso a 945 persone. Se ci pensiamo, è un potere talmente grande da mettere i brividi, perché noi 945 potevamo, per cinque anni, decidere veramente della vita e della morte dei cittadini. Avevamo il potere – e lo abbiamo tuttora – di decidere, per esempio, cosa devono studiare i vostri figli, a che età potete andare in pensione, quante ore dovete lavorare in un giorno e quanto potete guadagnare. Possiamo decidere quale qualità dell’aria potete respirare e quale qualità del cibo dovete o potete mangiare. Possiamo decidere addirittura a quanto ammontano i nostri stipendi e possiamo stabilire, alla fine del mandato, come voi cittadini potete rieleggerci o meno.

Questo potere, se ne avessi la possibilità, non lo darei nemmeno ad un parente stretto, ad essere sincero.

Immaginate ora di traslare questo sistema nella vita reale: immaginate di essere degli imprenditori, di avere numerose attività, e di doverne delegare una parte ad un altro. Incontrate tante persone, valutate il loro curriculum e decidete di assumere una tra queste e di affidargli per 4 o 5 anni la possibilità di gestire quell’attività totalmente, dandogli il mandato di poterla modificare, aprire, cancellare e di vendere o non vendere il prodotto, di svendere o meno l’attività. Date a questa persona mandato per decidere quante ore lavorare, che stipendio prendersi, e alla fine dei 5 anni, quale contratto si potrà dare al suo successore o sottoscrivere con quest’ultimo.

Di fronte ad uno scenario del genere, ci sarebbe da domandarsi in quanto tempo fallirebbe quell’attività e non se sia in grado o meno di sopravvivere sul mercato.

Questo è il senso della crisi. Questo meccanismo – meraviglioso di per sé, perché l’abbiamo ereditato dopo le rivoluzioni illuministe del ‘700, che rappresentano un grande passo avanti per l’umanità – oggi ha bisogno di una revisione. E, come mi avete insegnato in questi giorni, questo è possibile solo inserendo strumenti di controllo continuo all’interno di questo sistema. I cittadini devono poter controllare i loro rappresentanti, perché un sistema di rappresentanza non può funzionare se il rappresentante è più potente del rappresentato. Io ho un conflitto di interessi parlando di questo argomento, perché sono un governante attualmente. Quindi sono quella persona che avete eletto per rappresentarvi, mi avete dato il mandato. Vorrei però aggiungere che non è sufficiente il meccanismo di voto previsto ogni 5 anni per garantire che il governante possa fare l’interesse dei cittadini. E ve lo spiego meglio.

Ad oggi sembra che il premio o meno, a fine mandato, della rielezione di chi ci ha governato sia sufficiente per garantire che l’eletto si comporti bene e faccia l’interesse della collettività durante la sua carica elettiva. Nel caso in cui non lo facesse, sembra basti eleggere qualcun altro.

Si tratta di un meccanismo che non funziona più, perché, in realtà, nel lungo periodo gli interessi dei cittadini confliggono con quelli del governante. Per quale motivo?

Perché l’interesse del cittadino è quello ogni volta di poter eleggere e di essere rappresentato dalla persona migliore, quella più qualificata, quella più motivata. Mentre l’interesse del governante è quello di mantenere la poltrona, di conservare il potere. È qualcosa di istintivo. Il filosofo americano Carl Rogers lo definisce come la tendenza alla conservazione e al miglioramento dell’organismo. Ogni ente, ogni organismo, ogni comunità, ogni persona tende istintivamente a mantenere, conservare o migliorare il proprio status e l’istinto di qualsiasi governante, e lo dico da governante, è quello di mantenere la propria posizione, cioè di preservare la poltrona.

Ecco che allora l’interesse dei cittadini è quello di vedere, alle prossime elezioni, una competizione onesta e trasparente e di poter eleggere il migliore, mentre l’interesse del governante è quello di farsi rieleggere.

Ma come garantirsi la rielezione? Sappiamo infatti che la competizione è rischiosa, il merito è rischioso. Per questo motivo nascono meccanismi, che possono essere legali o illegali, per cui chi vuole farsi rieleggere si garantisce pacchetti di voti facendo gli interessi delle corporazioni o di quella lobby che porta in dote i voti. Questo meccanismo è indipendente quasi dalla volontà delle persone, perché è istintivo.

È necessario superare tutto questo attraverso la democrazia diretta.
E il M5S lo ha capito sin dall’inizio. Guardo qui seduto in platea il vicepremier Luigi Di Maio. Insieme siamo entrati nelle istituzioni con un mandato: non solo mantenere, per la prima volta forse in Italia dopo tanti anni, le promesse fatte in campagna elettorale, ma anche poter dire agli italiani, alla fine del nostro mandato “vi abbiamo restituito le redini del vostro futuro”. Da ora in avanti non dovete più aspettare 5 anni per poter cambiare una decisione fatta dal governo, potete intervenire direttamente. Vogliamo restituire le chiavi del futuro dei cittadini direttamente al popolo sovrano. Per questo abbiamo depositato questa settimana una proposta di iniziativa parlamentare, di modifica della Costituzione che introdurrà in Italia il referendum propositivo, conosciuto dalla comunità internazionale come iniziativa popolare a voto popolare. Sarà la chiave di volta per la democrazia del nostro Paese.

Durante la campagna elettorale ci siamo confrontati e abbiamo raccontato le nostre idee. Così come nel corso di questo Global Forum abbiamo scambiato molteplici esperienze e buone pratiche in materia di democrazia diretta. Credo che i tempi siano maturi per passare ai fatti. Devo dire che la città di Roma è più avanti in questo senso, già può portare degli esempi concreti, come dimostra l’organizzazione di questo Global Forum che, in questa edizione, ha come tema principale la trasformazione delle città in città globali e democratiche.

Ecco Roma, di fatto, sta già entrando nell’era della democrazia globale. Il filosofo Parag Khanna, stratega e geopolitico, indica le città come i centri nevralgici della nuova globalizzazione. È vero, ma noi vogliamo che dopo Roma, la Capitale, anche l’Italia entri a far parte di questa globalizzazione della democrazia.

Al termine dell’ultimo Global Forum ci siamo lasciati con un impegno e un auspicio: quello che il M5S potesse andare al governo e iniziare questo percorso. Oggi concludiamo questa edizione con un altro auspicio: quello che l’Italia, Roma e la democrazia italiana, al prossimo Global Forum, possano essere indicate come un buon esempio, una buona pratica di democrazia globale diretta.

Grazie a tutti e vi ringrazio per aver partecipato.

 

Ringraziamo il Ministro per aver tracciato la via da seguire per introdurre strumenti di Democrazia Diretta in grado di permettere da una parte, il controllo dei poteri concessi ai nostri rappresentanti e dall’altra, una completa capacità di proposta in linea con i moderni standard della Democrazia Diretta.

Accogliamo quindi con soddisfazione l’inizio dell’iter legislativo di un primo pacchetto di riforme che gradualmente porterà l’Italia tra le moderne democrazie avanzate.

Speriamo vivamente che l’iter venga completato e che altri passi seguano sulla via per una democrazia compiuta.

Un cordiale saluto e l’auspicio di buon lavoro.